Lunedì, 29 Maggio 2023 07:39

5. I segni comunicativi nella celebrazione eucaristica

Andrés L. Taborda, SSS. 
Cenacolo di Buenos Aires, Argentina, 2/8/2022. 

Testo originale in spagnolo.

 

Schema:

Presentazione

  1. Indagare con domande
  2. Segni e simboli
  3. La bellezza, come la verità, porta all’ammirazione
  4. Risonanza

Presentazione

La celebrazione eucaristica possiede tutti i codici comunicativi che aiutano l’incontro religioso. I codici comunicativi permettono alle persone di capirsi. Esempi: la luce; i colori; le parole; il silenzio; le immagini; i paramenti; l’ambiente; ecc.

L’obiettivo di questo scritto è quello di evidenziare i segni, i simboli e i codici comunicativi che ci permettono di mettere in relazione Dio con l’uomo e l’uomo con Dio.

Intendiamo la comunicazione come condivisione di beni, secondo l’origine della parola. In questo scritto ci occupiamo della comunicazione dei beni propri della fede cristiana, la fede proposta dai segni, dai simboli e dai codici della celebrazione eucaristica.

Quando avviene la comunicazione liturgica? Nei cristiani credenti, quando entrano in contatto con i segni e i simboli liturgici, l’interazione dell’atto comunicativo crea una tensione. La comunicazione liturgica produce nel fedele cristiano una reazione, un’eco, una tensione di proposte e risposte. La tensione è lo “stato di un corpo sottoposto all’azione di forze opposte che lo attraggono”.

La catechesi della celebrazione eucaristica conduce alla rivelazione del Signore, affinché produca frutti. È un feedback tra il catechista e il catecumeno. La pedagogia per comunicare è varia. In questo scritto ci proponiamo di indagare, di interrogare. I segni e i simboli, la bellezza e la verità permettono l’ammirazione, aprono domande e risposte.

 

1. Indagare con domande

Cosa cercate? Cosa volete?

“Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui” (Gv 1,35-39).

La domanda di Gesù risveglia e riconosce il desiderio del cuore umano. I due discepoli furono colpiti dalla presentazione: “Ecco l’Agnello di Dio!”.

Più di duemila anni fa Gesù ha fatto catechesi dando una risposta a chi lo cercava. Ha invitato ad andare da Lui per vederlo. È sorprendente che questo atto catechistico comunicativo continui ancora oggi. È lui che dà la vita nell’Eucaristia. La domanda è fondamentale: cosa o chi cerchiamo nella celebrazione eucaristica, nella chiesa, nel tempio?

La catechesi sui segni e sui simboli eucaristici mira a creare una relazione tra Gesù e noi. Come i segni e i simboli, la domanda provoca la ricerca del senso della vita, di ciò che vogliamo nella vita, di sapere cosa è importante, vuole smuovere l’interiorità dell’essere umano. 

  • Domanda: Cosa cerchiamo da Gesù Cristo nella celebrazione eucaristica?

Le domande richiedono risposte?

Alla domanda di Israele: “Che cos’è questo?”, la risposta è stata: la manna. Quando gli israeliti la videro, si chiesero l’un l’altro: “Che cos’è questo?”. Perché non sapevano cosa fosse. Allora Mosè spiegò loro: “Questo è il pane che il Signore vi ha dato come cibo” (cfr. Es 16,15). La manna è un cibo che Dio ha dato a Israele durante la peregrinazione nel deserto.

Il popolo chiede di cosa si tratta. La risposta: “è il pane che il Signore vi ha dato”. In ebraico, “che cos’è”? si dice “manna”; è l’interpretazione del suo nome, sottolinea il suo carattere misterioso e prepara la rivelazione del Vero Pane del Cielo[1].

La Chiesa ha sempre cercato di rispondere alle domande degli uomini, come ha fatto il Concilio Vaticano II. A partire dalla domanda di base: “Che cos’è l’uomo? Qual è il senso della vita?”, i grandi interrogativi dell’uomo sono presi in considerazione e si cerca di rispondere ad essi[2].

Le domande semplici possono essere profonde quando sono ricche di contenuti e aprono prospettive. Ecco cosa ha detto il Santo Padre Francesco: “Proviamo ora a porci alcune semplici domande. Per esempio, perché si fa il segno della croce e l’atto penitenziale all’inizio della Messa? E qui vorrei fare una parentesi: avete visto come i bambini si fanno il segno della croce? [...] E quelle letture, nella Messa, perché ci sono? Perché si leggono tre letture la domenica e due negli altri giorni? Perché ci sono, cosa significa la lettura della Messa? Perché si leggono e cosa c’entrano? Oppure, perché a un certo punto il sacerdote che presiede la celebrazione dice: In alto i nostri cuori?”[3]. 

  • Domanda: Quando hai partecipato all’ultima celebrazione eucaristica, qual è stata la tua domanda e quale risposta hai ricevuto?

Perché le domande?

Le domande sono un metodo privilegiato dell’insegnamento di Gesù[4]. Le domande aiutano la conversazione, il dialogo, possono educare ed evangelizzare. Il catechismo ha domande che aprono alla partecipazione, alla critica e alla creatività. Portano alla riflessione e all’analisi.

Le domande nella catechesi sono una risorsa e possono chiedere informazioni; possono essere strategie per guidare il pensiero dei catecumeni o per attirare la loro attenzione su determinati contenuti; invitano alla conoscenza di altri o della nostra esperienza. Soprattutto, le domande possono portare ad aderire a Dio.

Come nascono le domande? Emergono in un dialogo o da un evento vissuto e la curiosità crea domande che chiedono risposte.

La “forma dialogica” dei catechismi appartiene all’“antico genere catechistico basato su domande e risposte” che permettono di “scoprire aspetti sempre nuovi della verità della propria fede”. Inoltre, aiutano ad andare “all’essenziale”, favoriscono la “assimilazione” e la “memorizzazione dei contenuti”[5].

Le domande cercano sempre di approfondire, di conoscere più a fondo. Nella catechesi eucaristica, le domande possono aprire un contatto maggiore con Dio. Per questo è importante domandare e rispondere. 

  • Domanda: Signore, quali segni compi affinché possiamo vedere e credere in te?

2. I segni e i simboli

Perché usiamo i segni e i simboli?

Usiamo sempre segni e simboli. Anche nella vita cristiana ed eucaristica, questi sono mezzi di comunicazione sensibili.

“Nel fatto che la celebrazione sacramentale «è intessuta di segni e di simboli», si esprime «la pedagogia divina della salvezza»[6], già enunciata in modo eloquente dal Concilio di Trento. Riconoscendo che «la natura umana è tale che non facilmente viene tratta alla meditazione delle cose divine senza accorgimenti esteriori», la Chiesa «utilizza lumi, incensi, vesti e molti altri elementi trasmessi dall’insegnamento e dalla tradizione apostolica, con cui venga messa in evidenza la maestà di un Sacrificio così grande [la Santa Messa], e le menti dei fedeli siano attratte da questi segni visibili della religione e della pietà alla contemplazione delle realtà sublimi, che sono nascoste in questo Sacrificio» (Concilio di Trento, Sessione XXII, 1562, Dottrina sul Sacrificio della SS. Messa, c. 5, DS 1746)”[7].

Ad esempio, le due lettere dell’alfabeto greco Alfa e Omega (Α Ω), sono presenti in quasi tutti i templi. È un simbolo, pura astrazione. Viene dal libro dell’Apocalisse: “Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine” (Ap 1,8; 22,13). E significa che il Signore Dio è eterno. E le lettere greche sono segni di numeri, si va dal più piccolo al più grande, cioè simbolicamente si dice che il Signore è onnipotente.

La notte della Veglia Pasquale, il cero viene segnato con queste parole: “Cristo ieri e oggi, principio e fine, alfa e omega. A Lui appartengono il tempo e l’eternità. A Lui la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli. Amen”. 

  • Domanda: Perché i segni e i simboli cristiani ci portano sempre a Dio?

Segni scritti per avere la Vita?

Il Vangelo di Giovanni racconta alcuni segni. Per quale motivo i segni sono stati scritti?

“Gesù disse a Tommaso: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Gv 20,29-31).

“Questo Vangelo [di Giovanni] ha il vantaggio di fare l’uso più esplicito del simbolismo come rappresentazione di una realtà spirituale e quindi invita a un’interpretazione più ampia di quella che è già un’interpretazione”[8]. 

  • Domanda: Perché i segni nel Vangelo di Giovanni invitano al trascendente?

Da dove vengono i segni sacramentali?

“Alcuni segni sacramentali provengono dal creato (luce, acqua, fuoco, pane, vino, olio); altri dalla vita sociale (lavare, ungere, spezzare il pane); altri ancora dalla storia della salvezza nell’Antica Alleanza (i riti della Pasqua, i sacrifici, l’imposizione delle mani, le consacrazioni). Questi segni, alcuni dei quali sono normativi e immutabili, assunti da Cristo, diventano portatori dell’azione di salvezza e di santificazione”[9].

“La ragion d’essere dei segni propri della Liturgia deriva dalla natura umana, considerata nella sua realtà corporea e spirituale; deriva anche dal mistero dell’Incarnazione, grazie al quale l’accesso al Dio invisibile è reso possibile attraverso la reale umanità di Gesù Cristo. Infatti, come l’umanità di Cristo è lo strumento dell’azione salvifica del Verbo, così i segni liturgici contengono e trasmettono la potenza salvifica di Dio”[10]. 

  • Domanda: Quali sono i segni sacramentali nella celebrazione eucaristica?

Qual è il significato del linguaggio liturgico?

“Una celebrazione sacramentale è intessuta di segni e di simboli. Secondo la pedagogia divina della salvezza, il loro significato si radica nell’opera della creazione e nella cultura umana, si precisa negli eventi dell’Antica Alleanza e si rivela pienamente nella persona e nell’opera di Cristo”[11].

Il linguaggio simbolico liturgico[12] mira a esprimere l’indicibile e si esprime in modo unico. Ha sue regole proprie. Quali sono le caratteristiche del simbolismo nella liturgia?

Il simbolo liturgico è sempre accompagnato dalla parola come elemento costitutivo che ne garantisce il significato[13]. La parola collega il simbolo sacramentale all’evento storico salvifico e gli dà fondamento. Ad esempio, le parole di Gesù sul pane e sul vino, pronunciate dal sacerdote nella celebrazione eucaristica, sono in relazione con il mistero della morte e della risurrezione del Signore annunciato durante l’Ultima Cena. Partecipare al pane e al vino eucaristici non è solo un atto fraterno, ma è soprattutto una partecipazione alla Pasqua di Gesù Cristo.

 

Il simbolo liturgico deve essere compreso nel contesto biblico da cui proviene e su cui poggia il suo significato. I simboli liturgici sono in realtà simboli umani, tratti dagli elementi naturali, ma il loro significato è più elevato. L’acqua, ad esempio, parla di freschezza, di vita, disseta, purifica[14]. Ora, la preghiera per la benedizione dell’acqua battesimale durante la Veglia Pasquale riporta il significato dell’azione salvifica di Dio.

 

Il simbolismo liturgico è sempre un simbolismo dinamico, tende all’azione. Il battesimo non è solo acqua, ma anche immersione nell’acqua. Mangiare e bere l’Eucaristia è il linguaggio simbolico ed efficace della comunicazione che Cristo fa a noi del suo Corpo e del suo Sangue, e della fede con cui noi lo accogliamo. Il simbolo liturgico ci invita a entrare nel contesto del rito. 

  • Domanda: Qual è il significato dell’acqua nella celebrazione eucaristica?

Codici comunicativi liturgici?

“La liturgia, che è in sé stessa comunicazione”[15] porta alla comunione con Dio e con l’umanità. Sia il tempio stesso che l’atto liturgico creano sempre un dialogo. Ci sono templi che, per l’immaginario sociale, sono codici che parlano da soli. Lo stesso vale per le azioni liturgiche.

Dire “codice” significa parlare di un sistema di segni e di regole che permettono di elaborare e comprendere i messaggi di coloro che compongono una comunità. Il codice liturgico comunica per essere compreso e ricambiato. C’è corrispondenza con segni e azioni simboliche, gesti e partecipazione. È un dialogo tra Dio e l’uomo.

Nel tempio, il rito liturgico con le sue azioni coinvolge il credente e i suoi sensi, con oggetti, suoni, colori, luci, parole e gesti. Questi codici comunicativi liturgici rivelano e creano una nuova comunicazione[16].

Come comunicano i codici liturgici? Potremmo dire: attraverso l’ambiente della celebrazione; i commenti; le letture proclamate; i canti; i silenzi che aiutano la partecipazione attiva; l’omelia preparata per la celebrazione[17]. 

  • Domanda: Quale immagine o frase biblica codificherebbe l’atto della comunione eucaristica?

Che cos’è uno spazio sacro?

“Mosè [davanti al roveto ardente] pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!»” (Es 3,3-5).

Gli spazi sacri si distinguono da quelli ordinari perché interrompono la routine della vita quotidiana. Il Catechismo al n. 1179 ci insegna che il “culto in spirito e verità” (Gv 4,24) della Nuova Alleanza non è legato a un luogo esclusivo. Tutta la terra è sacra ed è stata affidata ai figli degli uomini. Quando i fedeli si riuniscono nello stesso luogo, il punto fondamentale è che sono “pietre vive”, riunite per “la costruzione di un edificio spirituale” (1 Pt 2,4-5).

Il Corpo di Cristo risorto è il tempio spirituale da cui sgorga la fonte dell’acqua viva. Incorporati in Cristo dallo Spirito Santo, “siamo il tempio del Dio vivente” (2 Cor 6,16). 

  • Domanda: Quali segni ci permettono di percepire uno spazio sacro?

Quando passiamo dal profano al sacro?

Superare una soglia significa entrare in una nuova realtà: tutto parla in modo diverso, di altre cose. Gesù dice: “In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore” (Gv 10,7). Così il tempio ci parla di una comunità che ha superato la soglia, la Porta che è Gesù, e cammina verso la casa di Dio. Quando entriamo in uno stadio di calcio, tutto cambia. Il tempio della chiesa è un altro spazio e quando vi entriamo tutto cambia, usciamo diversi da come siamo entrati.

Romano Guardini scriveva[18]:

“Spesso entriamo in chiesa attraverso di essa [la porta], ed essa ci dice sempre qualcosa. Lo percepiamo? ... Guardate; mentre attraversate la cornice, dite a voi stessi interiormente: «Ora lascio le cose di fuori; vado dentro». L’esterno è il mondo, bello, pieno di vita e di movimento; ma anche di non poca bruttezza e bassezza... Attraverso la porta entriamo in un recinto separato dalla piazza, silenzioso e sacro: il tempio... La porta è tra l’esterno e l’interno; tra la piazza e il santuario; tra l’appartenenza al mondo e la casa di Dio. E mentre lo attraversiamo, sembra dirci: «Lasciate fuori ciò che non è degno del luogo in cui state entrando: pensieri, desideri, preoccupazioni, curiosità e cose vane. Lasciate fuori ciò che non è santo. Purificatevi, perché state entrando nel tempio»”.

Ed è la porta che introduce l’uomo in questo misterioso recinto: “Getta via ogni meschinità, ci dice; getta via ogni ristrettezza e ogni ansia. Via tutto ciò che opprime. Petto aperto, occhi in alto, anima libera. Questo è il tempio di Dio e l’immagine di te stesso. Perché nel corpo e nell’anima siete un tempio vivente di Dio. Dategli ampiezza, dategli libertà e altezza”. 

  • Domanda: Cosa chiede la celebrazione eucaristica per accedere alla sua mensa?

Perché usiamo i templi?

Il segno del tempio ricapitola ed esprime in un certo modo i vari momenti e modi della presenza di Dio tra gli uomini. Dal tempio cosmico dell’Eden alla Terra Promessa (Gen 1,2; Sal 138), dalla tenda nel deserto al tempio di Gerusalemme (Es 26; 1 Re 8,10ss), dall’umanità di Cristo alla struttura ecclesiale e ai suoi singoli membri (Gv 2,19-21; 1 Cor 3,16-17)[19].

“Con la sua morte e risurrezione, Cristo è diventato il vero e perfetto tempio della Nuova Alleanza (Gv 2,21) e ha riunito il popolo di Dio.

Questo popolo santo, adunato nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, è la Chiesa (cfr. LG 4), tempio di Dio costruito con pietre vive, dove si adora il Padre in spirito e verità (cfr. Gv 4,23).

È per questo motivo che, fin dall’antichità, l’edificio in cui la comunità cristiana si riunisce per ascoltare la parola di Dio, pregare insieme, ricevere i Sacramenti e celebrare l’Eucaristia, è stato chiamato “chiesa”.

Essendo un edificio visibile, la chiesa è un segno della Chiesa pellegrina sulla terra e un’immagine della Chiesa che ha già raggiunto il cielo. Secondo un’antichissima consuetudine della Chiesa, è opportuno dedicarlo al Signore con un rito solenne, erigendolo come edificio destinato in modo esclusivo e permanente a riunire il popolo di Dio e alla celebrazione dei santi misteri”[20].

  • Domanda: Perché Gesù Cristo cerca di incorporare le persone come pietre vive?

La partecipazione alla Santa Eucaristia si esprime in segni?

“Per promuovere la partecipazione attiva, si curino le acclamazioni del popolo, le risposte, la salmodia, le antifone, i canti, come pure le azioni e i gesti e l’atteggiamento del corpo... (e) un sacro silenzio” (SC, n.30). Inoltre, sono importanti le azioni interne, come i riti e le preghiere; e anche l’istruzione della Parola di Dio, che prepara alla mensa del Corpo e del Sangue del Signore; il ringraziamento e l’offerta di sé stessi con l’ostia per vivere uniti a “Cristo Mediatore in unione con Dio e tra i fedeli stessi”[21].

Alcune condizioni personali perché ogni fedele possa vivere una fruttuosa partecipazione[22]:

  • uno spirito di continua conversione che deve caratterizzare la vita di ogni fedele, mettendo in discussione la propria vita per migliorarla;
  • il raccoglimento e il silenzio; il digiuno;
  • la confessione sacramentale: un cuore riconciliato con Dio permette una vera partecipazione;
  • la partecipazione attiva alla vita della Chiesa nel suo insieme e l’impegno missionario di portare l’amore di Cristo alla società.

Ma la piena partecipazione si ha quando ci accostiamo personalmente all’altare per ricevere la Comunione: “Si raccomanda molto quella più perfetta partecipazione alla Messa, per la quale i fedeli, dopo la comunione del sacerdote, ricevono il corpo del Signore dal medesimo sacrificio”[23].

Come descrivere questa partecipazione? Tre atteggiamenti cristiani: avere un animo retto, unire la mente alla voce e cooperare con la grazia di Dio. In tre parole: è partecipare in modo consapevole, fruttuoso e attivo (cfr. SC 11 e 48). 

  • Domanda: Come si partecipa nella comunità, durante la celebrazione eucaristica?

 

3. La bellezza, come la verità, porta all’ammirazione 

È possibile lo stupore davanti al mistero pasquale?

Sì, è possibile, con l’atteggiamento del bambino. L’ammirazione può essere definita o descritta. Ma con degli esempi possiamo capirlo. Il popolo di Dio affamato, davanti alla manna nel deserto, chiese: “Che cos’è questo?”. Mosè rispose: “Questo è il pane che il Signore vi ha dato da mangiare” (Es 16,15). Questo è ammirare, stupirsi...

Durante la celebrazione della Pasqua ebraica, il più giovane della famiglia fa delle domande circa le cose che si fanno durante il Seder di Pesah. “Perché ogni altra sera dell’anno mangiamo chametz (pane) e matzah (pane azzimo, non lievitato), ma in questa sera mangiamo solo matzah?”. “Perché tutte le altre sere mangiamo erbe di ogni tipo, ma in questa sera mangiamo solo erbe amare?”. “Perché tutte le altre sere non abbiamo bisogno di inzuppare le verdure nemmeno una volta, mentre questa sera lo facciamo due volte?”. “Perché tutte le altre sere mangiamo seduti, in posizione eretta o reclinata, mentre questa sera siamo tutti reclinati (su un cuscino)?”.

Si noti che ogni domanda esprime ammirazione.

Sono i bambini ad avere questo atteggiamento nei confronti della realtà: lo stupore. È Gesù che invita ad avere l’atteggiamento di un bambino (Mt 18,3), stupore di fronte al mondo, sguardo verso il trascendente. “Dicendo stupore per il mistero pasquale, [...] è la meraviglia per il fatto che il piano salvifico di Dio ci è stato rivelato nella Pasqua di Gesù (cfr. Ef 1,3-14), la cui efficacia continua a raggiungerci nella celebrazione dei misteri, cioè dei sacramenti”[24]. 

  • Domanda: Cosa ti stupisce della celebrazione della Veglia Pasquale, o di altre?

La preghiera è orientata verso il Signore?

Quando passiamo davanti a un tempio o vi entriamo, ci imbattiamo nell’immagine di una croce con Cristo crocifisso. È un segno che ci indica dove andare. Così anche ogni celebrazione eucaristica, ogni preghiera è orientata (“oriente”) verso il Signore. È il centro che ci unisce. Nell’antichità i templi venivano costruiti verso est, verso l’oriente, da dove sorge il sole, per riferirsi a Gesù risorto come la nuova luce.

“Nella Chiesa antica c’era la consuetudine che il vescovo o il sacerdote, dopo l’omelia, esortasse i credenti esclamando: Conversi ad Dominum - Volgetevi ora verso il Signore. Ciò significava innanzitutto che essi si volgevano verso est, nella direzione del sorgere del sole come segno del Cristo che torna, al quale andiamo incontro nella celebrazione dell’Eucaristia. Dove, per qualche ragione, ciò non era possibile, essi in ogni caso si volgevano verso l’immagine di Cristo nell’abside o verso la Croce, per orientarsi interiormente verso il Signore. Perché, in definitiva, si trattava di questo fatto interiore: della conversio, del volgersi della nostra anima verso Gesù Cristo e così verso il Dio vivente, verso la luce vera”[25].

Nella celebrazione eucaristica ci sono diversi punti di orientamento. “Terminato il canto d’ingresso, il sacerdote, stando in piedi alla sede, con tutta l’assemblea si segna con il segno della croce. Poi il sacerdote, con il saluto, annunzia alla comunità radunata la presenza del Signore”[26].

“In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore”, diciamo durante il Prefazio, nella Messa. “Il sacerdote invita il popolo a elevare i cuori al Signore nella preghiera e nella azione di grazie e lo associa alla preghiera che, a nome di tutta la comunità, rivolge a Dio Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo. Il significato di questa preghiera è che l’intera assemblea dei fedeli sia unita a Cristo nella lode delle meraviglie di Dio e nell’offerta del sacrificio. Il personaggio principale, verso cui noi cristiani siamo orientati, è il Signore Gesù Cristo nella celebrazione eucaristica”[27].

  • Domanda: Come sappiamo che Gesù, durante la Santa Eucaristia, è come il sole, come una lampada per i nostri passi (Sal 119,105)?

Signore, chi abiterà sul tuo monte santo? (Sal 15,1)

Il tempio è il luogo di incontro tra Giacobbe e il Signore Dio, così descritto: “Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo!” (Gen 28,17). Il tempio è un luogo distinto, diverso, dove le persone e Dio possono incontrarsi.

Il Vangelo di Giovanni (2,20-22) ci dice che il tempio significa Gesù risorto. “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”: così ricordano i discepoli le parole di Gesù. È il luogo della nuova vita di coloro che sono rinati attraverso il battesimo, figli di Dio e incorporati nella Chiesa.

Quando entriamo nel tempio, siamo incorporati a Gesù, siamo integrati. Siamo partecipi del suo Corpo e del suo Sangue. E tanto più quando condividiamo la celebrazione eucaristica e facciamo la comunione. Così diciamo all’Eterno Padre, prima di fare la comunione: “Ti preghiamo umilmente: per la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo” (Preghiera eucaristica II).

Il tempio è il luogo in cui la comunità cristiana incontra la Santissima Trinità. È un luogo santo per riconoscersi risorti in Gesù Cristo. Un luogo dove ricevere Gesù nella santa comunione eucaristica. Luogo elevato, montagna sacra dove ci si riunisce per condividere il Pane della vita e il Vino della fraternità. Un luogo di preghiera, di adorazione eucaristica e di festa. Un luogo di libertà e di promozione umana.

Dal tempio usciamo per condividere la fede, la vita plasmata dall’Eucaristia, che è la sua fonte e il centro di ogni azione. Il tempio è la Casa del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo che ci riuniscono, si donano a noi e ci inviano a condividere e distribuire il Pane del Vangelo. 

  • Domanda: Chi può abitare nella comunità cristiana?

L’altare è Gesù Cristo?

Che cosa significa l’altare? “L’altare è il simbolo di Cristo stesso, presente come vittima sacrificale (altare-sacrificio della Croce) e come alimento celeste che si dona a noi (altare-mensa eucaristica)”[28]. È la roccia del sacrificio e la tavola del cibo.

Il Golgota è la roccia del sacrificio, dove Gesù fu crocifisso e morì. Egli stesso ha citato un passo biblico per dire che lui era la pietra angolare[29]. L’altare è di pietra; e se è di altro materiale, vi si colloca una piccola pietra consacrata, se possibile con alcune reliquie di santi. Ciò significa che l’altare è la roccia su cui viene offerto il sacrificio.

Gli antichi Padri della Chiesa, meditando sulla Parola di Dio, non hanno esitato ad affermare che Cristo era il sacerdote, la vittima e l’altare del proprio sacrificio. L’altare cristiano è, per sua natura, la mensa speciale del sacrificio e del banchetto pasquale: è ara, dove il sacrificio della croce viene perpetuato sacramentalmente fino al ritorno di Cristo; è mensa, alla quale i figli della Chiesa si riuniscono per rendere grazie a Dio e per ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo[30].

Poi, sull’altare offriamo la nostra vita, in Cristo. I nostri sacrifici, le nostre preghiere, ecc. hanno valore quando sono uniti al Signore Gesù, che si offre al Padre. Le nostre offerte sono fruttuose quando le facciamo a partire da Cristo, per mezzo di Lui, con Lui e in Lui. Gesù Cristo è l’altare. 

  • Il Salmo 43,4 dice: “Verrò all’altare di Dio, a Dio mia gioiosa esultanza”. Domanda: come riconosco che Dio provoca gioia nella vita?

 

Dove è presente il Signore?

“«Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi» (Rm 8,34), è presente in molti modi alla sua Chiesa (cfr. LG 48): nella sua Parola, nella preghiera della Chiesa, «là dove sono due o tre riuniti nel suo nome» (Mt 18,20), nei poveri, nei malati, nei prigionieri (cfr. Mt 25,31-46), nei sacramenti di cui egli è l’autore, nel sacrificio della Messa e nella persona del ministro. Ma, «soprattutto, (è presente) sotto le specie eucaristiche» (SC 7)”[31].

Queste parole indicano alcune presenze del Signore nella liturgia, nella società, nei sacramenti, nell’Eucaristia. Segnaliamo alcuni segni visibili di queste presenze[32].

Gesù Cristo “è presente nel sacrificio della Messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che «offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti», sia soprattutto sotto le specie eucaristiche”.

I cristiani sono riuniti con gli altri nel tempio. Il Signore è presente quando la Chiesa supplica e canta salmi; egli stesso ha promesso: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20). All’inizio della celebrazione dell’Eucaristia, il celebrante saluta: “Il Signore sia con voi”, per sottolineare la presenza del Signore Gesù in quella comunità.

Lo spazio del Lezionario liturgico è l’ambone. È una parte complementare dell’altare e della sede. Da qui viene proclamata la Pasqua del Signore, si annuncia che Gesù Cristo ha sofferto, è morto e ora è vivo tra i cristiani. Quando vediamo l’ambone, possiamo dire che è “capace di far riecheggiare la Parola, anche quando non c’è nessuno che la sta proclamando”[33].

Il Signore “è presente nella sua Parola, perché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura”. Le letture della Parola di Dio sono tratte dalla Bibbia e ricordano ai fedeli la presenza di Dio che parla al suo popolo. I libri stessi[34], che sono segni e simboli delle realtà del cielo nell’azione liturgica, sono degni, decorosi e belli[35].

Il Signore è presente “soprattutto sotto le specie eucaristiche” e i fedeli cristiani, debitamente preparati, si accostano al banchetto pasquale e, secondo il comando del Signore, ricevono il suo Corpo e il suo Sangue come nutrimento spirituale[36]. Questo atto comunicativo del mangiare e del bere è preceduto dalla preghiera del Padre Nostro, dal gesto rituale facoltativo della pace, dalla frazione del pane compiuta dallo stesso Gesù Cristo nell’ultima cena.

Il Signore è presente nel segno del silenzio vissuto durante la celebrazione eucaristica. Lì, “il silenzio è sempre privilegiato, per ascoltare interiormente il Signore, vivo e presente nel Sacramento”[37]. Inoltre, ci sono vari silenzi con significati e funzioni diverse a seconda del posto che occupano nella Messa, ad esempio:[38]

  1. prima della celebrazione si deve fare un rispettoso silenzio in chiesa e in sacrestia, affinché tutti, compresi il sacerdote e i ministri, si preparino alla celebrazione in modo devoto e religioso;
  2. durante l’atto penitenziale e dopo ogni invito alla preghiera, tutti si raccolgono interiormente;
  3. con l’invito “Preghiamo”, il sacerdote esorta il popolo a unirsi a lui in un momento di silenzio, per prendere coscienza di essere alla presenza di Dio e per far emergere, nel cuore di ciascuno, le intenzioni personali con cui partecipa alla Messa;
  4. dopo le letture e l’omelia, tutti meditano brevemente ciò che hanno ascoltato;
  5. dopo la comunione eucaristica, tutti lodano Dio nel loro cuore.

“Il silenzio fa parte di ogni rituale che gli esseri umani compiono; è l’aria che materializza l’importanza degli atti che vengono sacralizzati. Il silenzio è la luce che permette di illuminare con la sua assenza il valore simbolico di ogni atto, parola, gesto e suono”[39]. 

  • Domanda: Quale segno della Messa ti aiuta a riconoscere la presenza del Signore?

Che cosa significa l’immagine dell’Agnello di Dio?

“Per la verità, Dio aveva vietato nel Decalogo di fare immagini di sé, ma questo era a motivo delle tentazioni di idolatria a cui il credente poteva essere esposto in un contesto di paganesimo.

Quando però Dio si è fatto visibile in Cristo mediante l’incarnazione, è diventato legittimo riprodurre il volto di Cristo. Le immagini sacre ci insegnano a vedere Dio nella raffigurazione del volto di Cristo. Dopo l’incarnazione del Figlio di Dio, è diventato quindi possibile vedere Dio nelle immagini di Cristo e anche nel volto dei santi, nel volto di tutti gli uomini in cui risplende la santità di Dio”[40].

Nei templi e nelle chiese troviamo immagini di santi. Il significato del “culto cristiano delle immagini è qualcosa che si riferisce a un’altra realtà. L’immagine non è venerata per sé stessa, ma per ciò che rappresenta. L’onore loro tributato si riferisce alle persone che rappresentano”[41]. Qui noi parliamo soltanto dell’Agnello di Dio.

Così Benedetto XVI spiega il significato dell’Agnello di Dio: “Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato (1 Cor 5,7). Il simbolo centrale della storia della salvezza - l’agnello pasquale - viene qui identificato in Gesù, chiamato appunto nostra Pasqua.

La Pasqua ebraica, memoriale della liberazione dalla schiavitù d’Egitto, prescriveva il rito dell’immolazione dell’agnello, un agnello per famiglia, secondo la legge mosaica. Nella sua passione e morte, Gesù si rivela come l’Agnello di Dio immolato sulla croce per togliere i peccati del mondo; è stato ucciso proprio nell’ora in cui era consuetudine immolare gli agnelli nel Tempio di Gerusalemme.

Il senso di questo suo sacrificio lo aveva anticipato egli stesso durante l’Ultima Cena, sostituendosi - sotto le specie del pane e del vino - ai cibi rituali della cena della Pasqua ebraica. Così, possiamo dire veramente che Gesù ha portato a compimento la tradizione dell’antica Pasqua e l’ha trasformata nella sua Pasqua”[42].

L’immagine simbolica dell’Agnello di Dio è presente in molte chiese, vicino al tabernacolo o accanto ad esso, dove sono conservate le ostie consacrate. Quando lo vediamo ci vengono in mente le sue varie funzioni. Alcuni esempi:

- Nella celebrazione eucaristica, quando si spezza il pane consacrato, si ripete due volte la preghiera e si chiede la pace: “Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace”.

- Nella presentazione fatta da Giovanni Battista (Gv 1,29) e ripetuta nella celebrazione eucaristica: “Ecco l’Agnello di Dio; ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello”.

- Ricorda la Chiesa orante, che adora il Signore, dove si trovano gli angeli, gli esseri viventi, gli anziani e il nuovo popolo di Dio e confessa: “L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione” (Ap 5,11-12).

- Il Sangue dell’alleanza con il Signore. “...il calice del mio Sangue, il Sangue della nuova ed eterna alleanza...”, anticipato al banchetto di nozze a Cana (Gv 2,1-11). “Con questo segno, Gesù si rivela come lo Sposo messianico, venuto a stabilire con il suo popolo la nuova ed eterna alleanza (cfr. Is 62,5). E il vino è simbolo di questa gioia dell’amore; ma esso allude anche al sangue che Gesù verserà alla fine, per sigillare il suo patto nuziale con l’umanità”[43]. 

  • Domanda: Come le immagini mi aiutano a incontrarmi con Dio?

 

4. Risonanza

La voce, la comunicazione a voce alta produce risonanza, eco. La catechesi consiste nel raccontare a voce alta la vita e il messaggio di Gesù. È necessario lasciare aperto questo tema dei segni comunicativi nella celebrazione eucaristica, perché se ne possono indicare molti altri. Come dice il Vangelo di Giovanni: Gesù ha compiuto molti segni; ma ne sono stati scritti solo alcuni, affinché si possa credere in lui e avere la vita nel suo nome (cfr. Gv 20,30s).

Il limite del nostro lavoro ci ha permesso di evidenziare solo alcuni segni, simboli e codici. Questi, qui indicati, ci aiuteranno a scoprirne molti altri. L’essenziale è che ci aiutino a crescere in Gesù Cristo.

Ricordiamo l’incontro di Gesù risorto con Tommaso. Quell’evento evangelizzatore ci dice che la fede cristiana ed eucaristica entra attraverso le orecchie e attraverso ciò che vediamo e tocchiamo.

Segni, simboli e codici sono sensibili. Lodiamo il Signore che ci ha dato i sensi e la capacità di usare questi elementi per giungere a Lui.

 

Bibliografia

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  • Medina Estévez, Jorge, La participación en la Santa Liturgia, in: Humanitas. Revista de la Pontificia Universidad Católica de Chile, n. 34, autumno 2004, año IX.

 

[1] Cfr. Xavier Léon-Dufour, Vocabolario di teologia biblica (accesso: 12 ottobre 2002), https://hjg.com.ar/vocbib/art/mana.html.

[2] Cfr. Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 10.

[3] Francesco, Udienza generale, 8 novembre 2017.

[4] Cfr. Arturo Bravo, El estilo pedagógico de Jesús: las preguntas, REXE. Revista de Estudios y Experiencias en Educación, Universidad Católica de la Santísima Concepción, Chile, n. 12, 2007, p. 128.

[5] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica [CCC]. Compendio, Introduzione, n. 4.

[6] Catechismo della Chiesa Cattolica [CCC], 1145.

[7] Cfr. https://www.vatican.va/news_services/liturgy/details/ns_lit_doc_20120404_come-celebrare_it.html. Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, Come celebrare? / 1: Segni e simboli, parole e azioni (CCC 1145-1155).

[8] Daniel Duigou, Los Signos de Jesús en el Evangelio de Juan, Desclée de Brouwer, Bilbao, 2009, p. 15.

[9] CCC. Compendio, n. 237.

[10] Jorge Medina Estévez, La participación en la Santa Liturgia, in: Humanitas. Revista de la Pontificia Universidad Católica de Chile, n. 34, autunno 2004, anno IX (consultato il 14 febbraio 2009).

[11] Catechismo della Chiesa Cattolica [CCC], n. 1145.

[12] Cfr. Angelo Lameri, Segni e simboli, riti e misteri. Dimensione comunicativa della liturgia, Paoline, Milano, 2012, pp. 64 ss.

[13] Cfr. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, n. 2.

[14] Cfr. Francesco, Desiderio desideravi, n. 13.

[15] Cfr. CELAM, III Conferencia General del Episcopado Latinoamericano y del Caribe (Puebla 1979), Bogotá5, 2004, n. 1086.

[16] Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Comunicazione e missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, n. 60.

[17] Cfr. Conferência Nacional dos Bispos do Brasil - CNBB -99-, Diretório de Comunicação da Igreja no Brasil, n. 81.

[18] Cfr. Romano Guardini, Los Signos Sagrados, pp. 49-59 [edizione italiana: I santi segni].

[19] Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Benedizione degli Oli e Dedicazione della Chiesa e dell’Altare, Premesse, p. 12.

[20] Conferenza Episcopale Italiana, Benedizione degli Oli e Dedicazione della Chiesa e dell’Altare, Capitolo II: Dedicazione di una Chiesa, Premesse, nn. 27-28.

[21] Cfr. Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, n. 52.

[22] Cfr. Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, n. 55.

[23] Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, n. 55.

[24] Francesco, Desiderio desideravi, n. 25. Sullo “stupore” si veda anche: Omelia, 1 gennaio 2019.

[25] Benedetto XVI, Omelia, 22 marzo 2008, Veglia Pasquale.

[26] Ordinamento Generale del Messale Romano, n. 50.

[27] Cfr. Angelo Lameri, Segni e simboli, p. 78 e 81s.

[28] CCC. Compendio, n. 288.

[29] Cfr. Isaia 28,16; Marco 12,10; Ebrei 7,26-27.

[30] Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Benedizione degli Oli e Dedicazione della Chiesa e dell’Altare, Capitolo IV: Dedicazione di un Altare, Premesse, nn. 152-155.

[31] CCC, n. 1373.

[32] Cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 7: Presenza di Cristo nella liturgia.

[33] Conferenza Episcopale Italiana, La progettazione di nuove chiese, n. 9.

[34] È interessante che il Concilio Vaticano II apra la porta all’ingegno umano: “La Chiesa si è preoccupata con speciale sollecitudine che la sacra suppellettile servisse con la sua dignità e bellezza al decoro del culto, ammettendo nella materia, nella forma e nell’ornamento quei cambiamenti che il progresso della tecnica ha introdotto nel corso dei secoli” (SC, n. 122). Come sarà il formato del Lezionario o del Messale in futuro?

[35] Cfr. Ordinamento delle Letture della Messa, n. 35.

[36] Cfr. Ordinamento Generale del Messale Romano, nn. 80-89.

[37] Cfr. Benedetto XVI, Omelia, 7 giugno 2012.

[38] Cfr. Ordinamento Generale del Messale Romano, nn. 45.54; Francesco, Udienza generale, 10 gennaio 2018.

[39] Cfr. Jenny Elisabeth Aguilar Infante, La función comunicativa del silencio dentro del ritual católico, PUJ, Bogotà, 2012, pag. 13.

[40] Benedetto XVI, Udienza generale del 29 aprile 2009 e del 16 gennaio 2013. Cfr. CCC, nn. 2129-2132.

[41] Cfr. Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti, n. 241.

[42] Benedetto XVI, Omelia, Domenica di Pasqua, 12 aprile 2009.

[43] Benedetto XVI, Angelus, Domenica 20 gennaio 2013.

Ultima modifica il Lunedì, 29 Maggio 2023 08:17