Lunedì, 29 Maggio 2023 08:15

9. L’Eucaristia – Il Sacramento della Speranza Cristiana

Paul Vu Chi Hy, SSS. 
Ho Chi Minh, Vietnam, 16/9/2022

testo originale in inglese

Introduzione

Nel proclamare “la morte del Signore” e professare la sua risurrezione “finché egli venga” (1 Cor 11,26; cfr. Mistero della Fede dal Messale Romano, Rito della Messa), l'Eucaristia è preminentemente il sacramento della speranza cristiana.[1] Essa contiene in sé il memoriale della Pasqua di Cristo e l'anticipazione della sua venuta nella gloria. Come è noto, nella Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II, l'Eucaristia è descritta come “sacramento di amore, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l'anima viene ricolma di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura.”[2]

L'Eucaristia è dunque l'ambiente divino in cui la comunità cristiana celebra la presenza reale di Cristo risorto e glorificato, nonché il fondamento escatologico e il terreno delle sue aspettative ultime. A quanto pare, è per questa speranza in Cristo che i primi cristiani hanno continuato a dedicarsi “all'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (Atti 2,42). Ecco il significato che, nell'Eucaristia, l'atto salvifico di Dio si è realizzato in Cristo e che, mediante il suo Passaggio [Pasqua] dalla morte alla vita e per la forza dello Spirito, la comunità cristiana partecipa effettivamente alla vita della risurrezione, cioè alla gloria di Dio.

Inteso in questo modo, il Cristo glorificato che deve venire è già in comunione con la comunità cristiana. E così, quando verrà nella gloria, l'efficacia finale dell'Eucaristia sarà la piena manifestazione della realtà indicibile che “Dio ha preparato per coloro che lo amano” (1 Cor 2,9; Rm 8,28). L'Eucaristia, quindi, diventa il simbolo sacro della realtà universale del Regno di Dio promesso da Cristo (Gv 15,11), riempiendo di speranza i cristiani nel loro cammino nella storia. Come si legge nella Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia (EE):

L'Eucaristia è tensione verso la meta, pregustazione della gioia piena promessa da Cristo (cfr. Gv 15,11); in certo senso, essa è anticipazione del Paradiso, “pegno della gloria futura”… Colui che si nutre di Cristo nell'Eucaristia non deve attendere l'aldilà per ricevere la vita eterna: la possiede già sulla terra, come primizia della pienezza futura, che riguarderà l'uomo nella sua totalità. Nell'Eucaristia riceviamo infatti anche la garanzia della risurrezione corporea alla fine del mondo… [E] Questa … proviene dal fatto che la carne del Figlio dell'uomo, data in cibo, è il suo corpo nello stato glorioso di risorto. [Quindi], Con l'Eucaristia si assimila, per così dire, il “segreto” della risurrezione.[3]

In questa prospettiva, infatti, una serie di domande entrano negli aspetti della speranza: Che cos'è l'Eucaristia in relazione alla nostra comprensione del diventare più pienamente umani in tutte le lotte per la vita, l'amore e la verità? Ha qualcosa da dire sull'esistenza di tanta oppressione, sofferenza, rottura, persecuzione e morte nel mondo? Come può essere apprezzato più pienamente come il sacramento in cui “Cristo è realmente e concretamente presente come cibo e bevanda della speranza”[4] e celebrata come anticipazione del banchetto celeste? In che modo la nostra celebrazione dell'Eucaristia come pasto comunitario, aperto, gioioso e pieno di speranza, e come sacrificio, memoriale del mistero pasquale di Cristo, si collega alla speranza cristiana con implicazioni pratiche per il nostro modo di vivere nel presente e nel futuro? L'Eucaristia contiene la promessa di una nuova vita per tutta la creazione nella nuova umanità di Cristo? Questa catechesi si presenta quindi come un tentativo di esplorare le molteplici dimensioni dell'Eucaristia come sacramento della speranza cristiana.

Considereremo, innanzitutto, l'idea che l'Eucaristia, in quanto sacramento della speranza, è sia una visione del futuro che una celebrazione della comunità cristiana nutrita del Corpo e del Sangue di Cristo. E se Cristo è la nostra ultima gloria futura, è molto importante che comprendiamo e sappiamo che la riunione alla mensa eucaristica conferma ed estende la nostra comunione con Cristo, tra di noi e con tutta la creazione. È infatti in questa comunione eucaristica che nasce la speranza. In secondo luogo, ci renderemo conto di una caratteristica essenziale e significativa per un rinnovato apprezzamento di come l'Eucaristia possa fornire il fondamento per un'attività cristiana piena di speranza, stimolando una visione liberatrice delle possibilità di trasformazione per la vita della società umana. E concluderemo con il riconoscimento dell'Eucaristia come dono escatologico di Dio in Cristo, per noi e per la nostra salvezza. Questo “dono dall'alto” celebrato nell'Eucaristia comprende la storia e il processo cosmico in cui lo Spirito di Dio sta facendo la differenza.

 

1. La forma della speranza eucaristica come comunione: “Dio sarà tutto in tutti”

Perciò è necessario, fin dall'inizio, chiarire cosa si intende per forma della speranza eucaristica come comunione. Poiché l'Eucaristia è una celebrazione della vita comune e del destino dell'umanità e della creazione, essa mette in atto il mistero dell'interconnessione della salvezza personale, interpersonale, ecclesiale e cosmica. In modo fondamentale, l'Eucaristia è un segno e una fonte efficace della “Santa Comunione”. Nell'Eucaristia le molte persone diventano un unico Corpo di Cristo (1 Cor 10,17) in modo tale che Cristo le assuma “in sé” come un unico corpo della nuova creazione. Questa focalizzazione sull'Eucaristia come evento di comunione, quindi, fornisce un punto di ingresso significativo per una rinnovata antropologia in cui la speranza cristiana viene messa in dialogo con le ricerche contemporanee su alcuni aspetti chiave dell'essere umano.

1.1. La dimensione personale della comunione

Una prima caratteristica di questa antropologia rinnovata in termini di speranza eucaristica, tuttavia, nasce dalla nostra consapevolezza dell'essere umano come personale. Una persona può essere definita come un soggetto umano, un centro individuale di coscienza, una persona intenzionale e storica con i suoi tratti personali e la sua storia di vita, che conosce ed è conosciuta, ama ed è amata, ed esiste come entità libera, unica e irripetibile.[5] In quanto tale, la persona umana non è semplicemente qualcuno che ha un corpo, ma qualcuno che è un corpo.[6] Questo concetto immagina la persona umana come spirito incarnato e corpo ispirato allo stesso tempo, che vive nel mondo come persona intera in relazione a Dio e agli altri.

La contemplazione della persona umana in questo modo non dualistico, quindi, richiama l'attenzione sulla speranza eucaristica del compimento della vita personale nella risurrezione. Essa si distingue per il suo riferimento inclusivo alla ricerca dell'interezza. Così, mentre la nostra speranza nel trionfo finale di Dio sul peccato, sul male, sulla sofferenza e sulla morte è una speranza totale, essa non esclude la dimensione della persona come identità di sé, individualità e automanifestazione incarnata. Se Cristo risorto si dona davvero personalmente nell'Eucaristia, dove i cristiani sono nutriti dalla vita eterna del Corpo della sua Risurrezione, allora la speranza di una realizzazione personale nella risurrezione dell'essere umano totale e unificato è parte integrante della speranza eucaristica. In questo senso, l'intera celebrazione eucaristica diventa un luogo di ricezione e trasmissione della visione di una gloria futura che è più della salvezza dei puri spiriti.[7] È la gloria futura del tutto umano. Per il Signore risorto che “trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21).

1.2.  La dimensione interpersonale ed ecclesiale: l'evento delle persone in comunione

Sebbene in termini di identità personale, di essere e di vivere, ogni persona umana sia un essere unico, trascendente, responsabile e libero, c'è qualcosa di fondamentalmente comunitario nel soggetto umano. Qui un'altra caratteristica significativa della speranza eucaristica deriva dalla nostra enfasi sulla dimensione interpersonale ed ecclesiale della persona. Le relazioni sono una caratteristica fondamentale di tutti gli esseri del mondo; si è presenti a se stessi solo nella misura in cui si è presenti agli altri in termini di comunione.

Poiché l'esistenza umana è un invito a una vita di comunione inclusiva con altre persone, con gli amici e i vicini prossimi e lontani, per sua stessa natura la speranza implica una coscienza di comunione. Insiste sul fatto che la realizzazione personale e interpersonale sono inseparabili.[8] Qui vediamo che, nella prospettiva cristiana, non sarebbe possibile parlare di persona senza il concetto di comunione.[9] È così, perché la speranza stessa può essere vista come significativa solo nel contesto di questa nuova profondità dell'essere, cioè di una reale comunione stabilita tra le persone.[10] Il significato della speranza eucaristica emerge allora in questa dimensione interpersonale della persona.

E se la speranza eucaristica è infine nel Dio uno e trino, che è essenzialmente relazionale, allora è necessariamente una speranza non di individui isolati ma di persone in comunità, in cui tutti si riuniscono senza barriere di razza, lingua o tradizioni culturali. In termini di comunione eucaristica, la speranza è quindi un atteggiamento positivo verso le varie comunità di persone, un apprezzamento dell'unità nella diversità, una comprensione della realtà ultima come reciproca donazione e interazione. Così come il pane e il vino diventano il vero cibo e la vera bevanda del regno, coloro che partecipano all'Eucaristia sono uniti nel corpo alla vita della nuova umanità di Cristo, come risultato dell'azione trasformatrice dello Spirito. Così, l'Eucaristia guarisce, perfeziona e realizza il corpo dei cristiani. Ed è proprio questo il carattere della vita che l'Eucaristia già celebra, qui e ora, pur nell'attesa della beata speranza, nella consapevolezza di una comunità gloriosa che verrà.

1.3. La dimensione cosmica della comunione

Questo ci porta ad un terzo aspetto dell'essere umano, che riguarda la nostra comunione non solo con gli altri esseri umani, ma anche con l'intera creazione. Poiché la speranza eucaristica ha una dimensione cosmica, il compimento futuro a cui gli esseri umani anelano non può prescindere dalla trasformazione del mondo a cui sono legati in vita e in morte. In quanto evento di comunione escatologica, l'Eucaristia celebra l'unità e la solidarietà delle persone umane, della terra e dell'intero cosmo quando il pane e il vino, in quanto realtà terrene, si fanno portatori del futuro ultimo dell'umanità e della natura. Inoltre, secondo le scoperte della cosmologia contemporanea, siamo tutti parte del tutto e vediamo ogni cosa nel cosmo e parte di noi stessi come interconnessa.[11] Non c'è nulla al di fuori di questo universo come “corpo di Dio”, fonte e respiro di tutta l'esistenza.[12]

Si arriva così a comprendere la salvezza come l'ingresso di tutta la creazione nell'eterna comunità di vita amorosa di Dio (Ef 1,22; Fil 3,21). Come memoriale dell'amore totalizzante di Cristo, l'Eucaristia parla di come “tutte le cose sono state create” per mezzo di Lui, in Lui e per Lui (Col 1,16-17; 1 Cor 8,6). In questo modo, dunque, la salvezza di Dio giunge su tutta la creazione “senza annientamento, senza spoliazione, senza alterazione: essa arricchisce”.[13] Proprio questo carattere aperto dell'Eucaristia è la fonte efficace della speranza cristiana, che ci ricorda la sacralità della creazione.

Questo significa anche che la fine del mondo non sarà una distruzione dell'universo, ma piuttosto una trasformazione e un compimento, in modo che diventi “un cielo nuovo e una terra nuova” (Ap 21,1). Il mistero dell'Eucaristia, quindi, rivela che non solo l'umanità, ma tutta la creazione è realmente incorporata in Cristo e, con lui, otterrà “la libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8,21). In altre parole, tutta la storia è “salvata nella speranza” (Rm 8,24), perché Cristo è il “primogenito di tutta la creazione” (Col 1,15), e il suo ritorno finale.[14]

Emerge così una rinnovata speranza eucaristica come comunione cosmica, che abbraccia l'intera creazione, così da essere assunta nell'adorazione di Dio che sarà “tutto in tutti” (1Cor 15,28). Veniamo all'Eucaristia portando il pane e il vino come simboli dell'intero universo, in cui la materia, lo spirito, il senso della natura, la storia, la società e la cultura sono realmente interconnessi, pronti per essere trasformati dallo Spirito nel Corpo e nel Sangue del Cristo cosmico. Così, il Cristo dell'Eucaristia si rivela come la vita e la ricapitolazione di tutta la creazione.[15]

 

2. L'Eucaristia come fonte di una prassi di liberazione piena di speranza

Di conseguenza, come può una tale visione cosmica della speranza, così distinta dal mito del progresso umano, evidenziare l'intrinseca e dinamica connessione tra la celebrazione dell'Eucaristia e la prassi della liberazione, l'azione responsabile per la salvezza del mondo? Qui la speranza eucaristica trova la sua espressione in un'altra prospettiva. In quanto celebrazione dell'unità, della pace e della riconciliazione, l'Eucaristia porta il significato effettivo e la forza della speranza non solo nei processi personali, interpersonali e cosmici, ma anche nel corpo politico, nei sistemi sociali che creiamo e che a loro volta ci modellano.

2.1. Le implicazioni politiche, sociali e liberatorie: la fame di giustizia

L'illustrazione più drammatica della richiesta divina di giustizia e di liberazione degli oppressi è la storia dell'Esodo. Questa grande storia di liberazione dalla schiavitù e di viaggio attraverso il deserto verso la terra della promessa e l'alleanza stabilita da Dio prefigura la liberazione di tutta l'umanità nel contesto del Mistero Pasquale di Cristo. Non si tratta, tuttavia, di un esempio isolato della preoccupazione di Dio per i poveri. I profeti parlano spesso del giudizio di Dio su coloro che ritengono che l'esecuzione del rito religioso, piuttosto che la lotta per la giustizia per tutti, sia la principale richiesta che Dio fa alle persone (Is 1,11-17; 58,4-8; Mich 3,1-3; 6,7-11).

L'attività salvifica di Dio a favore dei poveri e degli oppressi continua e si intensifica nel Nuovo Testamento. In tutti i Vangeli, ad esempio, Gesù nel suo ministero pubblico è descritto come uno che ha una speciale compassione per gli emarginati e gli umili. Per lui, la speranza escatologica è la base della giustizia sociale e dell'etica. Accoglieva gli emarginati e i peccatori della società a tavola con lui come anticipazione del Regno, annunciando l'anno di grazia di Dio (Lc 4,18-19). Secondo la testimonianza biblica, dunque, la fede cristiana è attiva nelle opere di giustizia e di amore, che sono il banco di prova delle vere forme di culto. In questo senso, la caratteristica fondamentale della speranza eucaristica come prassi di liberazione può essere compresa in termini di comunione, che ha un triplice senso.[16]

In primo luogo, riguarda la liberazione da situazioni sociali di oppressione e alienazione. L'Eucaristia incarna e definisce una modalità di comunità umana come Corpo di Cristo, poiché celebra la vittoria di Cristo su tutto ciò che opprime e divide; è la vittoria di un nuovo ordine in cui i cristiani sono riuniti, uniti a Cristo nella sua morte e ora risorto per vivere nella sua vita glorificata (Rm 6,4-5). L'Eucaristia indica questo nuovo ordine come speranza escatologica, che consiste in una totale apertura al Regno di Dio. A questa speranza eucaristica, quindi, la risposta cristiana deve essere una vita di misericordia, giustizia e amore per gli altri. Ogni tipo di ingiustizia, di razzismo, di discriminazione, di divisione, di sfruttamento e di mancanza di libertà viene così radicalmente sfidato quando veniamo a condividere l'Eucaristia, a stare intorno alla mensa del Signore e a spezzare il “Pane della Vita”. Ciò significa che l'Eucaristia stessa è il luogo privilegiato per abbattere le barriere che ci separano gli uni dagli altri, per avere motivo di sperare che queste barriere si abbattano nel mondo.

In secondo luogo, l'Eucaristia come liberazione richiede una trasformazione personale ed ecclesiale attraverso la quale i cristiani vivono con libertà interiore di fronte a ogni tipo di schiavitù. L'Eucaristia li libera dalla paura della sofferenza e della morte, dalla solitudine, dall'egocentrismo e dall'orgoglio, per formare una comunità in cui tutti possano condividere la vita con gli altri, avendo ogni cosa in comune e mettendosi al servizio dei poveri e dei bisognosi (1 Gv 1,3, 6; 1 Cor 1,9; 2 Cor 9,13; Rm 15,26-27).

In terzo luogo, l'Eucaristia è il sacramento della liberazione cristiana dal peccato in tutte le sue dimensioni. Il peccato, ogni volta che esiste, è un'influenza distruttiva nella realtà di tutte le relazioni, una rottura della comunione con Dio e con gli altri esseri umani, e quindi è l'esatto contrario di ciò che Dio è, cioè persone in comunione. Riconoscendo questa realtà, l'Eucaristia ci rivela la presenza del peccato nel nostro egoismo, in tutti i sintomi dell'ambizione egoistica a scapito degli altri, dell'indifferenza o della complicità nell'ingiustizia sociale, mentre ci attira verso una nuova vita trasformata attraverso l'amore autosacrificante nel momento di grazia del perdono e della conversione. La liberazione dal peccato è quindi alla radice stessa della liberazione sociale.[17] Qui possiamo vedere come i sensi della speranza vengono innalzati e significativamente intensificati. Perché la celebrazione dell'Eucaristia, il fare comunione, è davvero “un momento di conversione”, cioè “superare le alienazioni, i confini, le polarità e le classi di una determinata società per diventare una comunità autenticamente aperta all'amore e alla speranza per tutti”.[18] In altre parole, ogni celebrazione del sacrificio di Cristo è propriamente intesa come il risultato dell'amore divino che perdona tutto e della riconciliazione; è sia un momento di verità che un movimento di vita e di crescita, un momento di speranza.

2.2. Il Pane di Vita come speranza per il mondo: la fame di senso e di scopo

Tuttavia, per apprezzare l'Eucaristia come prassi di liberazione piena di speranza, possiamo collocarla in un quadro di riferimento più ampio. Qui siamo consapevoli di essere nel mondo e cominciamo a pensare alla natura dell'esistenza umana in termini di “fame”.[19] Questa nozione offre una significativa applicazione eucaristica in termini di fame del “Pane della vita”, di piena partecipazione all'ospitalità divina. In questa prospettiva, l'Eucaristia non richiama forse la nostra responsabilità nell'affrontare le fami dominanti del mondo, come la fame di libertà e di dignità, la fame di pace e di amore, di senso e di scopo nella vita?

Poiché l'Eucaristia collega il “pane della vita” (Gv 6,31-57) con la “manna” data da Dio al popolo affamato nel deserto (Es 16,4-35), il pane spezzato e condiviso permette alla comunità cristiana di intravedere la forma di un mondo nuovo che sta nascendo. Qui l'Eucaristia si riferisce, da un lato, al sostentamento fisico e, dall'altro, al senso umano di incompletezza, che spinge le persone a cercare una nuova vita in termini di comunione e di miglioramento continuo. La nostra tradizione cristiana conferma infatti che, nella celebrazione eucaristica, Cristo si fa conoscere a noi non solo sulla mensa come pane di Dio, ma anche “nello spezzare il pane” (Lc 24,32, 35). Si tratta di un atto di condivisione del cibo quotidiano con gli affamati, di mostrare ospitalità verso i forestieri e quindi di dare loro speranza. Così, nella condivisione eucaristica, troviamo una corrispondenza positiva tra il benessere umano sulla terra e la salvezza finale in cielo, tra il futuro storico e il [regno] escatologico.

Il cibo e le bevande, tuttavia, non sono solo un mezzo per la sopravvivenza o per restare in vita. Nel Nuovo Testamento, ad esempio, ogni comunione a tavola con Gesù è, in senso più ampio, un evento di pace, liberazione, fiducia e ospitalità, un segno di riconciliazione e un'anticipazione del banchetto escatologico nella consumazione del [regno] (Lc 14,15; 15,2; Mc 2,15-17; Mt 26,29). Se la speranza cristiana può essere vista in relazione alle forme di speranza profondamente umane, allora l'Eucaristia ci introduce in una comunione che, per sua natura, è evangelizzatrice nella ricerca di relazioni più adeguate nella vita sociale, economica e politica, indicando una comunità condivisa e riconciliata, che indica il nuovo cammino verso la felicità e la realizzazione.

 

3. L'Eucaristia come dono di salvezza di Dio in Cristo

Tuttavia, la pienezza della speranza non è riducibile a “un movimento verso l'alto dal centro del nostro essere”.[20] Nell'Eucaristia ci viene presentata una speranza che va oltre tutto ciò che meritiamo, raggiungiamo o possiamo anche solo immaginare. Così come “il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo” (Gv 6,33), ci dice che il compimento futuro che cerchiamo è un meraviglioso “dono dall'alto” e al di là di ogni previsione. Perciò è giusto che la comunità cristiana preghi nell'Eucaristia: “Venga il tuo Regno”, chiedendo costantemente a Dio di realizzarlo. In che senso, allora, possiamo dire che, nell'Eucaristia, i cristiani aprono il loro cuore al Regno di Dio, anticipando la gloria futura? In che modo questa attesa dà nuova energia per coltivare questa vita con tutti gli aspetti pratici della speranza?

3.1. Come dono di libertà

In termini di amore oblativo di Cristo per la salvezza del mondo, vediamo allora come l'Eucaristia possa essere celebrata come dono di libertà. In tutta la sua realtà salvifica, l'Eucaristia è il libero dono di sé di Cristo, che rivela il significato autentico di un amore liberamente donato (Gv 13,1). Cristo è infatti presente, nella sua vita, morte e risurrezione, offrendo alla comunità cristiana la salvezza e la possibilità di elevarsi a nuovi livelli di libertà come membra del suo Corpo glorificato (Ef 4,22-23).[21] Ciò che veramente riceviamo qui è “la santificazione e come traguardo la vita eterna” (Rm 6,22). Quindi, in questa realtà di grazia, Cristo realizza ciò che siamo nel piano di Dio, sostenendoci e, in mezzo a tutte le speranze inappagate degli incontri umani, dandoci la promessa di un amore eterno.

Inoltre, se la libertà è il compimento ultimo della speranza e “l'unica cosa necessaria”,[22] allora l'Eucaristia è il dono più sorprendente della libertà divina, che la collega a tutti i doni del mistero di Cristo. Questi doni possono essere sperimentati ed espressi come libertà dalla solitudine e dall'isolamento per le relazioni e la comunione, libertà da qualsiasi tipo di fame per la condivisione della comunione della mensa, libertà dal peccato e dalla colpa per la salvezza e la riconciliazione, e libertà dalla paura per sperare nel compimento della nostra gloria futura, la realizzazione finale di ciò che l'amore di Dio ha promesso.[23]

3.2. Come dono di lode e di ringraziamento

In questo modo, dunque, l'Eucaristia ci conduce al suo carattere familiare di speranza come sacrificio di lode e di ringraziamento, all'apprezzamento di tutti i doni divini. Cioè: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo”. Possiamo vedere come, fin dalla Chiesa primitiva, in qualsiasi circostanza, l'Eucaristia sia stata intesa come un sacramento di lode e di ringraziamento alla luce della speranza, in cui i cristiani si riuniscono per celebrare e condividere il dono salvifico di Dio in Cristo. Vengono a ringraziare non perché si sentono in debito, ma proprio perché vivono in un mondo di grazia e di benedizione; diventano il compimento anticipato dell'amore oblativo di Cristo nella storia.

Di fronte a tale dono eucaristico, a differenza della situazione umana del donare, il dono di Dio offre la vita divina, in modo gratuito e benevolo, e per il puro desiderio di donare. Pertanto, l'unica risposta adeguata che può dare senso agli atti di lode e di ringraziamento della comunità cristiana è la volontà di entrare in comunione con la vita e l'amore stesso di Dio, e di partecipare alla condivisione della vita con gli altri. Si tratta di un apprezzamento genuino e spontaneo del dono dell'Eucaristia. E questo significa che coloro che partecipano all'Eucaristia sono attratti dallo stile di vita di Dio. Come esprime giustamente il prefazio comune IV della celebrazione eucaristica: “Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva”.

Il dono eucaristico continua, in questo senso, ad aumentare, essendo in ogni momento oltre misura, il continuo albeggiare del futuro. Non è quindi un dono chiuso in se stesso, non è in alcun modo restituito a Dio, né aggiunge qualcosa all'essere di Dio, ma è piuttosto la testimonianza del mistero dell'amore oblativo di Cristo, sempre traboccante e aperto alla sorpresa. Come dono di lode e di ringraziamento, l'Eucaristia trasforma la comunità dei cristiani nella nuova umanità di Cristo, in modo che essi, a loro volta, diventino pane per il mondo, da spezzare, donare e consumare in attesa del futuro. Ecco allora che la lode e il ringraziamento sono doni della grazia di Dio in Cristo, che esultano nel moto della speranza come segni infallibili di un cuore trasformato, come linguaggio di una comunità redenta (Ap 15,3-4).[24] Così, quando Dio viene sperimentato come elemento centrale in tutto ciò che accade e in tutto ciò che è buono, l'esistenza cristiana diventa davvero un inno di lode e di gloria, un movimento di amore gratuito dal carattere universale. È un modo di vivere con la gioia della salvezza, in essa e da essa, cioè, in un senso molto reale, una vera partecipazione alla vita e alla comunione divina, una sorta di inizio della gloria nell'Eucaristia.

3.3. Come dono di grazia nella testimonianza e nella missione

È significativo notare a questo punto che la nozione di dono è parte integrante della speranza cristiana. E se il dono è ricevuto solo nel senso della donazione, allora, in modo simile, la comunità cristiana è chiamata a incarnare la promessa stessa della gloria futura. Nell'Eucaristia, l'amore di donazione di sé di Dio si manifesta nell'amore di donazione di sé di Cristo, e certamente: “Questo amore di donazione di sé di Cristo si manifesta ulteriormente quando, attraverso lo Spirito, si incarna nella Chiesa, che a sua volta dona quella vita, riversa quell'amore dal di dentro di sé, in modo che altri possano parteciparvi”.[25] C'è quindi un vero e proprio flusso verso il dono eucaristico che ne apre la possibilità e attira i cristiani alla comunione nella testimonianza e nella missione.

Ciò fornisce infatti il contesto per la nostra comprensione del senso dinamico dell'Eucaristia come memoriale della Pasqua di Cristo, celebrata nella speranza di raggiungere la libertà definitiva dalla realtà concreta della sofferenza e della morte. Notiamo che gli scrittori del Vangelo ritraggono Cristo come “il Figlio dell'uomo [che] doveva soffrire molto ed essere rifiutato... venire ucciso e... risorgere” (Mc 8,31; Mt 16,21; Lc 17,25; 24,26).

In particolare, questo aspetto della speranza emerge quando ricordiamo che il suo contesto immediato è l'ultima cena di Cristo con i suoi discepoli, la notte prima della sua passione e morte. È all'ombra del tradimento e dell'opposizione finale, all'ombra della croce, che è stata istituita l'Eucaristia e che Cristo si è consegnato a Dio per amore di tutti coloro che lo avrebbero seguito (Mt 26,17-19; Mc 14,12-17; Lc 22,7-14). Celebrare l'Eucaristia significa quindi partecipare al mistero della morte e della risurrezione di Cristo. Essa permette alla speranza cristiana di abbracciare tutte le realtà di tenebra e di luce, di tragedia, di oppressione, di persecuzione e di trasformazione, condividendo la pazienza di Dio come elementi distintamente pasquali di un fiducioso movimento in avanti, perché il tempo della speranza deve ancora venire. Qui, dato l'effetto significativo dell'Eucaristia, cioè la nostra comunione e trasformazione in Cristo, possiamo cogliere come la vita della speranza viva nell'abbandono al mistero creativo e redentore dell'amore di Dio, e come “abbondiamo nella speranza per la virtù dello Spirito Santo” (Rm 15,13). Come dice la lettera di Paolo ai Romani:

Ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. (Rm 5,1-5)

Così, il Mistero Pasquale della morte e della risurrezione di Cristo diventa la parabola della speranza eucaristica.[26] Nell'Eucaristia, il sacrificio vivente di Cristo diventa l'amore oblativo delle membra del suo Corpo. Il pane e il vino presentati all'inizio della liturgia eucaristica sono segni sacramentali che ci preparano a ciò che verrà. Possiamo offrire a Dio tutte le nostre sofferenze e preghiere, ringraziamenti e dono di sé, opere e atti d'amore. È qui che anche noi offiramo noi stessi come sacrificio vivente e santo (Rm 12,1). È il compimento di questa sconfinata speranza di cui parliamo quando “noi tutti… veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore” (2 Cor 3,18).

Celebrando l'Eucaristia, la comunità cristiana è dunque chiamata a testimoniare ciò che la risurrezione di Cristo promette per il futuro del mondo. E la speranza, per non deludere (Rm 5,5), deve essere una speranza oltre la speranza, cioè una “speranza viva” (1Pt 1,3), che mostri una giusta pazienza e ci ricordi che il caos attuale non è la fine del mondo, ma il travaglio di una nuova nascita che si concretizza nella forma gloriosa dell'amore eterno di Dio (Rm 8,18-21). Ciò significa che la speranza cristiana deve raccogliere la sfida di assumere un atteggiamento esistenziale per affrontare i molteplici volti della disperazione in tutte le agonie del mondo storico e, più radicalmente ancora, come disponibilità a prendere la croce dell'amore che si autodona (dona se stesso), fino a dare la propria vita. È come la sopportazione lunga e paziente che caratterizza, in quei momenti critici, i grandi martiri della Chiesa e i cristiani perseguitati nel corso dei secoli (Ap 1,9; 2,2-3; 2,19; 3,30). Prendiamo ad esempio la storia della vita e soprattutto del martirio di sant'Ignazio di Antiochia. La sua lettera ai Romani rivela un grande amore per l'Eucaristia e come questo racconto della speranza eucaristica sostenesse il coraggio necessario per affidarsi solo al “Dio della speranza” (Rm 15,13) per il compimento della gloria. Come egli ha espresso misticamente:

Io sono il grano di Dio, e lasciate che sia macinato dai denti delle bestie selvatiche, affinché io possa essere il pane puro di Cristo. Implorate Cristo per me, affinché con questi strumenti io possa essere un sacrificio [a Dio]... Ma quando soffrirò, sarò la persona liberata di Gesù, e risorgerò emancipato in Lui (Rm 4,1-2).[27]

…sono frumento di Dio, e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore… Ma se soffro sarò un liberto in Gesù Cristo e risorgerò libero in lui (Lett. Romani IV,1-3).

Così, per Ignazio, l'Eucaristia è la forma del suo martirio, “la medicina dell'immortalità e l'antidoto per impedirci di morire”.[28] Si tratta di una vera partecipazione all'offerta di sé di Cristo, di una piena conformità alla sua consegna di sé stesso a Dio per la vita del mondo. Questo ci dà un vero senso del significato del nostro sacrificio e di quello della speranza. Così, la speranza può trovare il suo nutrimento nell'Eucaristia, in cui il futuro assoluto è già anticipato e ci rende possibile perseverare in una vita di servizio e nelle onerose esigenze del discepolato cristiano. Qui si trova la vera speranza che deve essere appresa nella comunione con il Dio che è con noi, per noi, e coinvolto con noi in tutta la nostra lotta per far nascere un mondo giusto e amorevole per tutta l'umanità e per l'intero cerchio dell'amore avvolgente di Dio (Gv 3,16).

In questa prospettiva, dunque, l'Eucaristia ha un significato profondo per la missione della Chiesa nel mondo in quanto “è il segno del grande banchetto che Dio offrirà” per esprimere per sempre il trionfo universale della volontà e del disegno salvifico di Dio.[29] Coloro che partecipano all'amore oblativo di Cristo, quindi, escono trasformati dall'Eucaristia per trasformare il mondo circostante con l'amore che hanno incontrato nell'Eucaristia, cioè per presupporre “l'accettazione dello sforzo quotidiano per la giustizia nell'amore”.[30] Nell'Eucaristia, come hanno affermato Sant'Agostino e molti altri nella tradizione cristiana, “dobbiamo essere ciò che celebriamo e ricevere ciò che siamo realmente”.[31] Consacrata e trasformata dall'azione dello Spirito nel Corpo di Cristo, la comunità cristiana testimonia la gloria di Dio e, pertanto, ha una missione di speranza per un mondo tormentato e sofferente. Ancora una volta, le parole di EE vanno in questa direzione:

Molti sono i problemi che oscurano l'orizzonte del nostro tempo. Basti pensare all'urgenza di lavorare per la pace, di porre nei rapporti tra i popoli solide premesse di giustizia e di solidarietà, di difendere la vita umana dal concepimento fino al naturale suo termine… Annunziare la morte del Signore “finché egli venga” (1 Cor 11, 26) comporta, per quanti partecipano all'Eucaristia l'impegno di trasformare la vita, perché essa diventi, in certo modo, tutta “eucaristica”.[32]

Quindi, questa comprensione dell'Eucaristia come celebrazione di una preparazione piena di speranza alla venuta di Cristo in modo ultimo e definitivo serve non solo a condurre la comunità cristiana all'attesa del Regno di Dio, ma anche ad accrescere il senso di responsabilità per il mondo e, naturalmente, per la santità e l'interezza di tutta la vita. È qui che il carattere della speranza eucaristica è strettamente legato alla partecipazione alla storia e alla cooperazione attiva con Cristo, affinché tutto il mondo “possa essere nuovamente plasmato secondo il disegno di Dio e portato al suo compimento”.[33]

 

Conclusione

Giunti alla conclusione, riconosciamo l'inadeguatezza delle nostre parole. Tuttavia, abbiamo cercato di presentare l'Eucaristia come un'anticipazione della pienezza della grazia che verrà. Come commemorazione del Mistero Pasquale di Cristo, l'Eucaristia rivela sia la speranza per la storia sia la speranza per la gloria futura oltre la storia. Qui, dunque, diventiamo veramente una cosa sola con l'attesa speranzosa di Cristo: “non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio” (Mc 14,25; cfr. Mt 26,29; Lc 22,18).

In questo modo, si propone un nuovo senso dell'essere nel mondo e dell'essere in comunione che cambia l'orizzonte della speranza. Ogni preghiera, ogni atto di condivisione, mangiare e bere insieme nell'Eucaristia è, quindi, una forma sacramentale della speranza cristiana, che punta al suo compimento nella pienezza dei tempi. Ciò significa che l'Eucaristia è, in sostanza, la matrice della “speranza-visione” e della “speranza-attesa” cristiana della realtà. Essa apre e svela un mondo nuovo in tempi e luoghi particolari, cioè il canto della creazione, dell'incarnazione, della risurrezione e della consumazione, ma trascendente nella gloria al di là di tutte le cose create.

Nell'Eucaristia ricordiamo e anticipiamo Cristo che è la fonte, la meta e la forma di ciò che il mondo intero sta diventando. In questo senso, la “Santa Comunione” che si realizza tra il cielo e la terra, tra i vivi e i morti, tra lo spirituale e il fisico, tra la realizzazione personale e comunitaria, tra l'umano e il cosmico, è simboleggiata nella trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo risorto. È questa speranza eucaristica che trasforma in modo più significativo tutta la vita e dà senso al nostro cammino nella storia.

In definitiva, quindi, la comunità cristiana si rivela come un popolo di speranza, perché è essenzialmente una comunità eucaristica. Le nostre prove e le nostre sofferenze sono, quindi, assunte nel mistero che celebriamo e tutto ciò che di vero, buono e bello abbiamo creato in questa vita sarà la nostra partecipazione definitiva ad esso. Ecco certamente l'incarnazione piena di speranza del dono di sé di Cristo in mezzo a noi per la vita del mondo. E tuttavia, in quanto dono assolutamente divino che trasforma coloro che lo ricevono, l'Eucaristia chiama la comunità cristiana a lavorare per la gloria futura nel presente con gioiosa attesa, fiduciosa che agli uomini di ogni razza, lingua e stile di vita e all'intera creazione sia data non solo la grazia, ma l'autore stesso della grazia, Cristo stesso, il dono divino della salvezza. Infatti, ciò che celebriamo qui sulla terra non è che una partecipazione all'amore di Cristo che si dona, e il suo amore dura per sempre, perdurando nella speranza del banchetto dell'eternità, cioè del raduno finale degli uomini di tutte le epoche sul monte santo di Dio (Is 25,6; Ebr 12,18, 22-24; Mt 22,2-14; Gv 6,51, 54). Da questa prospettiva, e da tutto ciò che è stato esplorato, possiamo dire che l'orizzonte dell'Eucaristia come sacramento della speranza cristiana si apre davvero nelle sue molteplici dimensioni.

 

[1] In termini di speranza eucaristica, questa convinzione porta Paolo a precisare il significato escatologico dell'essere cristiano: 1 Cor 11,26; Gal 4,4; Ef 1,10; 2 Cor 5,17; Rom 6,3-5; 1 Cor 10,11; Ef 5,14; 1 Tm 4,1; Ef 4,22; Col 3,9; Rom 8,29; Col 1,18; 1 Cor 15,20; Col 3,3-4.

[2] Sacrosanctum Concilium 47, Documenti del Concilio Vaticano II.

[3] Vedi Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia: sull'eucaristia nel suo rapporto con la chiesa (EE), 18.

[4] Tony Kelly, The Bread of God: Nurturing a Eucharistic Imagination (Liguori, Missouri: Liguori Publications, 2001), p. 83.

[5] Vedi John Zizioulas, Being as Communion: Studies in Personhood and the Church (London: Darton, Longman and Todd, 1985), pp. 33, 47 e 49.

[6] Vedi Gilbert Ostdiek, "Body of Christ, Blood of Christ", The New Dictionary of Theology, ed. Dermot A. Lane Joseph A. Komonchak, Mary Collins (Dublin: Gill and Macmillan, 1990), p. 141.

[7] Kelly, The Bread of God, p. 82.

[8] Vedi Gabriel Marcel, Homo Viator: Introduction to a Metaphysic of Hope, trans. E. Craufurd (New York: Harper & Row, 1966), p. 60. Quindi, se c'è una speranza, essa non nasce da un'evidenza empirica che può essere verificata, ma da una comunione profonda.

[9] Vedi John D. Zizioulas, in "The Mystery of the Church in Orthodox Tradition", One in Christ, 24 (1988), p. 299. Vedi anche il suo libro Being as Communion: Studies in Personhood and the Church (London: Darton, Longman and Todd, 1985).

[10] Marcel, Homo Viator, p. 152.

[11] Vedi Peter C. Phan, Responses to 101 Questions on Death and Eternal Life (New York/ Mahwah, N.J.: Paulist Press, 1997), 12-13. Peter C. Phan, "Eschatology and Ecology: The Environment in the End-Time", Dialogue & Alliance 19.2 (1995), pp. 105-106.

[12] Vedi Hans Urs von Balthasar, The Glory of the Lord: A Theological Aesthetics I: Seeing the Form, p. 679.  

[13] Francis-Xavier Durrwell, The Eucharist: Presence of Christ, trans. S. Attanasio (Denville, N.J.: Dimension Book, 1974), p. 32.

[14] Vedi Anthony Kelly, Eschatology and Hope, (Maryknoll, New York: Orbis Books), 2006, p. 194.

[15] Vedi John D. Zizioulas, Being As Communion, p. 119.

[16] Vedi Gustavo Gutierrez, A Theology of Liberation, (Maryknoll, N.Y.: Orbis Books, 1993), p. 150. In primo luogo, koinonia significa la proprietà comune dei beni necessari all'esistenza terrena. È un gesto concreto di carità umana. In secondo luogo, koinonia designa l'unione dei fedeli con Cristo attraverso l'Eucaristia. È un mezzo per partecipare al corpo di Cristo. In terzo luogo, koinonia significa l'unione dei cristiani con il Dio uno e trino. Questa sintesi è citata in Horton Davies, Bread of Life and Cup of Joy: Newer Ecumenical Perspectives on the Eucharist (West Broadway, Eugene OR 97401: Wipf and Stock Publishers, 1999), pp. 123-124.

[17] Gutierrez, A Theology of Liberation, p. 149.

[18] Kelly, The Bread of God, pp. 70-71.

[19] Vedi Monika K. Hellwig, The Eucharist and the Hunger of the World (Franklin, Wisconsin: Sheed & Ward, 1999), pp. 2, 9-10, 14.

[20] Vedi Anthony Kelly, Eschatology and Hope, p. 204.

[21] Vedi Lumen Gentium 48, Documenti del Concilio Vaticano II.

[22] Vedi Anthony Kelly, Eschatology and Hope, p. 205.

[23] Nell'inno eucaristico Verbum Supernum, San Tommaso d'Aquino riassume quattro libertà centrali per la vita cristiana: “Nascendo ci ha dato la compagnia. Nella Cena ci ha dato il cibo. Sulla croce è stato il nostro riscatto. Regnando nella gloria ci dà la ricompensa [la vita eterna]”. Citato in John Moloney, “The Eucharist: Proclamation and Gift of Freedom”, in Eucharist and Freedom, 46th International Eucharistic Congress, Wroclaw, Poland, (May, 1997).

[24] Kelly, The Bread of God, pp. 75-76.

[25] David N. Power, Sacrament: The Language of God's Giving (New York: The Crossroad Publishing Company, 1999). p. 281.

[26] Vedi Kelly, Eschatology and Hope, p. 73. Vedi anche Dermot A. Lane, Keeping Hope Alive: Stirrings in Christian Theology (New York, Mahwah, N.J.: Paulist Press, 1996), pp. 68-69.

[27] Vedi David W. Bercot, Editor, A Dictionary of Early Christian Beliefs (Peabody, Mass.: Hendrickson), p. 351. Vedi anche Roch A. Kereszty, Ocist., Wedding Feast of The Lamb: Eucharistic Theology from a Historical, Biblical, and Systematic Perspective (Chicago: Hillenbrand Books, 2004), p. 95.

[28] Vedi David W. Bercot, Editor, A Dictionary of Early Christian Beliefs, 251. Vedi anche Roch A. Kereszty, Ocist., Wedding Feast of The Lamb: Eucharistic Theology from a Historical, Biblical, and Systematic Perspective, p. 95.

[29] Geoffrey Wainwright, Eucharist and Eschatology, p. 128.

[30] Gustave Martelet, The Risen Christ and the Eucharistic World, trans. Rene Hague (New York: Seabury Press, 1976), p. 187.

[31] Vedi Saint Augustine of Hippo, Sermon, 272: PL 38, 1246-1248.

[32] EE 20.

[33] Vedi Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, Costituzione pastorale sulla chiesa nel mondo contemporaneo 2. Vedi anche pars. 38, 39, in Vatican Council II: The Conciliar and Post Conciliar Documents, ed. by Austin Flannery, (New York: Costello Publishing; Dublin: Dominican Publications, 1998), pp. 937-938.

Ultima modifica il Lunedì, 29 Maggio 2023 08:16