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Mercoledì, 24 Febbraio 2021 11:34

Omelia alla celebrazione del funerale di Harrie Verhoeven

Noi tutti desideriamo una vita piena di gioia, felicità e salute. Eppure, l'esperienza ci insegna che nella nostra vita ci sono anche sofferenze, dolori e malattie, ciò che ci ha portato il coronavirus, e, alla fine, la morte.

Qualcosa nel profondo di noi, che chiamiamo fede cristiana, ci ricorda di dire: eppure la morte non è la fine di tutto.

I primi cristiani erano chiamati “quelli che non temono la morte”. Per loro era un ingresso nella gioia del Signore Gesù Cristo. La morte non è una distruzione ma un cambiamento di stato, un passaggio nell’altra parte. La vita rimane ciò che è sempre stata. Gesù dice: «Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se è morto, vivrà». Noi crediamo in queste parole. Questa è la fede che aveva Harrie. Non temere la morte.

«Chi muore in pace vivrà ancora a lungo in una vita felice». Questa conclusione di un libro di monsignor Muskens, conclude una lettera inviata nel 2017, nella quale Harrie presenta alcuni desideri per la celebrazione delle sue esequie. Purtroppo, l'epidemia del coronavirus non rende possibile tutto. Ma Harrie allora era preoccupato per la sua morte, e questo è comprensibile, data la sua età. Con la speranza di molti anni ancora, perché terminava con «spero».

Harrie aveva dunque previsto la sua partenza. Non aveva dato delle indicazioni per la celebrazione, ma aveva espresso il desiderio che fosse segnata dalla speranza, dalla gioia e dal sentimento di gratitudine verso Dio, la sua famiglia e la Congregazione. Aveva quindi scelto le due letture.

Quella sull’amore, prima lettera di San Giovanni, di cui aveva scritto in grassetto la frase: Chi non cono-sce l'amore non conosce Dio, perché Dio è amore.

Come vangelo, quello dei discepoli di Emmaus: il saluto di addio ad Harrie è visto più come un racconto di risurrezione.

Si ha veramente l'impressione che questo racconto di Emmaus sia il più antico scritto di risurrezione conosciuto dalla cristianità. Un incontro con il Signore risorto. Il Signore è vivo, ha vinto la morte.

Ma è anche un racconto vicino all'esperienza umana. Vi si trovano la delusione, la paura e la mancanza di fede, ma anche la conversione interiore e la fede.

Senza dubbio Harrie si riconosceva in questa narrazione, o nel percorso della sua esperienza di fede, e questa è la ragione della sua scelta.

Nel 2013 abbiamo vissuto il nostro ritiro provinciale a Wahlwiller. Il tema era: Sulle tracce dei discepoli di Emmaus. Harrie tenne una conferenza intitolata “La delusione e come conviverci”. Parlava del periodo degli anni '60-'70. Sulla delusione da parte della società: più spazio per Dio nel nostro mondo.

Per qualcuno cresciuto nella nostra fede cristiana, ed era il suo caso, era stata una grande perdita.

Parlava di delusione per la fede e per la Chiesa. Preti che hanno abbandonato il sacerdozio, persone che lasciavano la Chiesa. Delusione anche nella vita religiosa. Padri e Suore che se ne andavano, la drammatica diminuzione del numero delle vocazioni.

Diceva che il Concilio Vaticano II, al quale aveva partecipato come teologo (forse era l'ultimo attore superstite di quel tempo), aveva parlato meraviglio-samente della vita religiosa.

Non era più un movimento per delle élites, con uno statuto eretto “a parte”, ma un carisma, un cammino particolare per seguire Cristo più da vicino. E la Chiesa si sentiva chiamata a far vedere l'amore di Dio per ciascuno: Egli stesso aveva amato così tanto il mondo, da dare il suo Figlio per liberarlo dal male.

In quel tempo travagliato per la Chiesa e la società, nel 1969, Harrie era stato eletto Superiore Generale della nostra Congregazione. Gli era stato affidato il compito dell’aggiornamento della Congregazione, di introdurvi il rinnovamento richiesto dal Vaticano II, all'interno e all'esterno, di rendere leggibile in molte culture questa Congregazione internazionale. Questo non era scontato. E ancora, il rinnovo della nostra Regola di Vita. Harrie si rimboccò le maniche. La Regola fu completata dal suo successore, P. McSweeney. Uno degli ex generali, nel presentare le sue condoglianze, scriveva che Harrie era stato uno dei “protagonisti principali” nel rinnovamento della Congregazione.

In Occidente c’è delusione, ma in Asia la Congregazione cresce. Come Superiore Generale, Harrie fece numerosi viaggi in Oriente: India, Sri Lanka, Filippine, Vietnam. Era orgoglioso di una fondazione in Vietnam. Le espressioni di cordoglio ricevute dai confratelli di questi paesi sono piene di lodi. Come da tanti altri paesi.

Tornò in Olanda nel 1981, in una Chiesa molto cambiata. Attraverso gli incarichi che Harrie ricoprì, intendiamo dire fin dall’inizio, è approdato di buon grado nei suoi centri di direzione. Harrie notò questa Chiesa polarizzata anche durante la visita di Papa Giovanni Paolo II, di cui fu interprete, nel 1985. In particolare a Utrecht. Un piccolo aneddoto: la signora Hedwy Wasser, a nome di un gruppo, parlava del campo della missione; improvvisamente uscì dal suo testo e fece alcune riflessioni critiche. Harrie tradusse fedelmente per il Papa.

Questo fu per lui sgradevole perché era seduto tra le file, come se fosse su un secchio rovesciato. Lo raccontava così!

Ho conosciuto Harrie come uno che non apparteneva agli estremi: né a destra né a sinistra. Meglio: la via di mezzo, o ancora, la via dell'amore. Certo, aveva un temperamento forte. Una visione, un giudizio chiari. E il ‘Generale’ non era scomparso!

I pellegrini di Emmaus erano delusi, ma aperti allo straniero che camminava con loro. Questo racconto ci insegna, come Harrie, che non dobbiamo parlare della nostra delusione con coloro che ci assomigliano. Bisogna avere il coraggio di aprirci allo straniero che ci propone la Scrittura in modo nuovo.

Il racconto di Emmaus è quello di un ascolto attento, di accompagnamento spirituale di persone in lutto, paura, disperazione, dispiacere, delusione. Alcune persone ci mostrano l'amore di Dio. La presenza di Dio. È anche dare la vita, attraverso momenti di morte.

E per molti, Harrie è stato così il compagno di vita e di fede. Soprattutto per i giovani religiosi, nella Congregazione, come Provinciale o Generale, parroco o membro di numerosi organismi di governo della Chiesa in Olanda.

Anche noi siamo discepoli di Emmaus. Addolorati per la sua partenza.

Siamo qui insieme un'ultima volta con Harrie.

Abbiamo aperto le Scritture e presto condivideremo il Pane e il Vino. Come Gesù la sera dell'ultima cena, come quando ha condiviso il Pane con i discepoli di Emmaus.

Che allora videro che il Risorto era con loro, che non finisce tutto con la sofferenza e la morte.

Ringraziamo il Signore per la vita di Harrie. La sua famiglia e la Congregazione gli sono grate per tutto ciò che ha condiviso e dato.

I discepoli di Emmaus sono tornati a Gerusalemme pieni di speranza, di gioia. Niente più tristezza, niente più delusione... Il Signore è vivo!

Gerusalemme, la città celeste, dove ora Harrie si trova. La casa del nostro Dio. Sorgente e orizzonte di tutto ciò che esiste. Cuore e anima di tutti coloro che vi arrivano, di tutti i tempi, destinazione finale di ogni vita.

Harrie, sei arrivato a casa, e dopo questi giorni molto duri, in questi ultimi mesi, ti diciamo: vivi in pace, nella gioia. Amen.

Diciamo addio non solo a un confratello, ma anche a un fratello, cognato e zio.

So che Harrie era molto legato alla sua famiglia. Joke, ora puoi parlargli.

5 gennaio 2021

Padre Fons Kuster, sss
Superiore a Nimega

Ultima modifica il Mercoledì, 24 Febbraio 2021 11:37